La creatività è l’elemento che andiamo cercando nei protagonisti della sezione “Fuori dal Coro” del blog di Stampaprint, uno spazio pensato per raccontare le vite e le opere dei protagonisti del mondo del Web, dalla stampa alle arti in ogni loro singola declinazione. La creatività, del resto, è un ingrediente essenziale per una tipografia online che trasforma in prodotti le idee di privati, aziende, artisti e professionisti. E, a proposito di professionisti (e di artisti), l’ospite di oggi è davvero fuori dal comune. Si tratta di Simone Micheli, celebre architetto e designer fiorentino che ha lavorato ai massimi livelli in tutto il mondo, abbinando alla innata classe dei suoi progetti un occhio di riguardo per l’ambiente. Attività alle quali si affiancano quelle di curatore di numerose mostre e installazioni, così come quella di docente, una vocazione che Simone Micheli svolge con passione e competenza. Insomma, se ancora non si fosse capito, un vero e proprio gigante dell’architettura e del design che ha messo la firma su numerosi splendidi progetti nel corso degli ultimi decenni (ne potete trovare qualche esempio anche nelle foto che corredano l’intervista).
Abbiamo colto l’occasione per conoscere Simone Micheli più da vicino, e con grande disponibilità si è concesso alle nostre domande. Il risultato potete trovarlo qui sotto: che dire… buona lettura!
Partiamo dalle origini: quando ha iniziato la carriera di architetto e interior designer? E quali sono stati, quantomeno da giovane, i suoi punti di riferimento in questi ambiti?
Fin da subito, appena laureato presso la Facoltà di Architettura di Firenze, ho fondato il mio studio di architettura e la mia carriera ha preso forma! Un grandissimo entusiasmo mi accompagna da sempre e la passione per la progettazione ha animato il mio percorso di vita fin da quando ero bambino. Grazie alla commistione dei temperamenti e delle caratteristiche dei miei genitori – mio padre Massimo Micheli talentuoso pittore e mia madre Cristiana Vettori insegnante di discipline artistiche – ho ricevuto un’educazione molto aperta e volta ad esaltare lo spirito creativo e la spontaneità.
Il confronto e l’ammirazione per i grandi maestri del passato hanno spesso ispirato lo sviluppo del mio pensiero progettuale, soprattutto durante gli anni degli studi. Il mio modo di fare architettura infatti, volto a “rovesciare le prospettive vigenti” non è privo di radici, né frutto dell’esplosione di una bomba atomica.
Ricordo sempre con molto affetto e stima gli insegnamenti del mio relatore di tesi Giovanni Klaus Koenig, l’amicizia e le discussioni con Giovanni Michelucci, l’incontro e la collaborazione con Bruno Zevi.
E sebbene sia evidente la distanza che mi separa dai miei importanti mentori, sicuramente anche a causa dei mutamenti del contesto sociale e materiale, il loro pensiero resta tutt’oggi principio primo del mio procedere architettonico.
Negli anni ha ricevuto numerosi importanti premi a livello internazionale. C’è un progetto (o anche più di uno) al quale è particolarmente legato? E perché?
Ho ricevuto molti premi, è vero! E ciascuno di essi è per me un’importante soddisfazione poiché rappresentativo di un determinato periodo di vita e perché legato allo sviluppo e all’esperienza di ogni specifico progetto.
Non è quindi per me possibile scegliere un “progetto prediletto” tra i tanti che ho realizzato perché ognuno di essi si pone nei miei confronti come unicum del tutto peculiare. Desidero che che ogni opera sia espressione del contesto in cui sorge, delle necessità del momento e dei sogni e desideri del committente. Ogni nuovo lavoro per me è una sfida da affrontare con grande energia e passione e alla sua conclusione non posso quindi che esserne pienamente soddisfatto!
Da sempre nel suo lavoro ha un occhio di riguardo per l’ambiente. Quanto è importante, al giorno d’oggi, pensare e poi mettere in pratica soluzioni sostenibili?
E’ indispensabile dare vita a opere rispettose dell’ambiente e consce delle proprie responsabilità in quanto “oggetti” dotati di un ciclo vitale specifico ed in grado di causare reazioni con conseguenze importanti.
Oggi non è più possibile nascondere la testa sotto la sabbia ed è necessario anche porre rimedio a molti dei danni già fatti in passato. Recupero, rigenerazione e riuso sono i pilastri da cui dobbiamo ripartire e fortunatamente la ricerca sta negli ultimi anni progredendo molto nel proporre soluzioni smart e sostenibili e nel dare forma a materiali il cui impatto ambientale tende sempre più verso lo zero.
E’ quindi fondamentale che ogni progetto che prende vita si strutturi in armonia con il contesto, divenendone il centro nevralgico e promotore della rivalutazione del territorio.
La parola “sostenibilità”, aggiungo inoltre, racchiude in sè un riferimento costante anche all’attenzione che va posta sul lato economico: il tentativo infatti deve essere quello di riduzione degli sprechi e del superfluo anche dal punto di vista dei costi.
C’è un elemento, una filosofia, un “tocco” particolare, un materiale, una firma… insomma, qualcosa che ricorre un po’ in tutti i suoi progetti, e che li rende in qualche modo riconoscibili?
Certo, la filosofia alla base dei miei progetti rimane costante, mutano le forme e le condizioni in cui questa si declina.
Obiettivo di ogni mio progetto è infatti quello di configurarsi come una vera e propria opera d’arte, dotato della stessa unicità e aura magica. Ogni struttura sorge con l’intento di regalare esperienze sensoriali irripetibili ai suoi fruitori, intensi attimi che si trasformano in indelebili ricordi nella memoria. Guida attiva e dinamica per sopravvivere al grigiore della quotidianità.
Credo quindi che, nonostante il continuo variare delle condizioni, i miei progetti contengono chiari segni ed evidenti tratti che li rendono ben distinti dalla grande massa di opere tradizionali esistenti.
Da professionista impegnato in diverse parti del mondo, come vede lo sviluppo urbanistico in Italia e il recupero di spazi ed edifici in degrado? Ritiene che stiamo procedendo nella direzione giusta o stiamo cementando troppo e recuperando male?
Finalmente le cose stanno migliorando! Il problema della cementificazione esagerata, dell’ambiente ormai esasperato, di ampie aree di territorio rovinate dall’abusivismo edilizio sono eventi sotto gli occhi di tutti. Il progettista contemporaneo allarga le sue visioni, studia continuamente, si fa carico delle conseguenze di ogni sua opera e propone soluzioni smart e innovative ai problemi. L’Italia negli ultimi anni si sta muovendo nella giusta direzione, sta proponendo nuove forme di pensiero possibili e idee avanguardistiche. Il processo di cementificazione ha subito un’importante battuta di arresto e i luoghi vengono sempre più spesso recuperati attraverso processi originali, modificando le loro fattezze e la loro funzione.
Certamente la strada è ancora lunga e non è il momento di fare pause, è necessario dare sempre più spazio alla condivisione di aree ed idee, all’innovazione, all’avanzamento tecnologico ed alla multifunzionalità.
Quali consigli può dare a chi volesse approcciarsi all’universo dell’architettura e dell’interior design?
Il mio consiglio primo non può che essere quello di procedere costantemente con entusiasmo e passione, affrontando ogni progetto come una sfida da vivere con energia. “Progettare” significa tentare di cambiare il mondo con opere in grado di renderlo migliore, più bello e funzionale. Non ci si deve dimenticare di tale profondo significato che il termine porta con sé.
Il buon progettista è consapevole dell’importante opera che conduce ogni giorno e deve impegnarsi per diffondere in maniera forte e chiara il suo messaggio. Il buon progettista deve poi essere sempre molto attento alla realtà in cui vive ed al contesto che lo circonda.
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