Ha lavorato per il mondo della moda, l’editoria, l’industria musicale. Sue opere sono state esposte in mostre allestite in Italia, Europa e Sudamerica. Stiamo parlando di Paola Lenarduzzi, art director e graphic designer lombarda che si racconta nella nostra intervista.
A quale età è sbocciato l’amore per il mondo della grafica?
Quando frequentavo le elementari, in casa mio padre aveva una biblioteca di manualistica ampia linguistica, filosofica e scientifico-tecnica interessante e inoltre in casa si leggevano riviste e quotidiani. Poi ho scoperto la biblioteca dove passavo volentieri i pomeriggi per fare le ricerche per la scuola e per guardare i libri. A dodici anni ho deciso di diventare “grafica”.
Editoria, moda, musica, web design… sono alcuni degli ambiti nei quali ha prestato i suoi lavori. Ce n’è uno, o più di uno, che predilige? E uno o più progetti ai quali è particolarmente legata?
Mi piacciono le riviste. Quando ho cominciato a lavorare verso la fine degli anni Ottanta c’era un produzione varia e di qualità straordinaria: Interview, The Face, ID. In Italia riviste sperimentali e dalla forte identità come Alter Alter, la Dolce vita, FMR, Vanity. E poi Abitare, domus, Casabella… un elenco lungo. Quindi mi piacerebbe lavorare al progetto di una rivista, anche perché si lavora e ci si confronta con una redazione, cioè un gruppo di persone con competenze diverse. È molto stimolante.
Come definirebbe il suo stile? E c’è una particolarità, un tocco, una caratteristica che possiamo ritrovare in ogni suo lavoro, indipendentemente dall’ambito?
Preferisco lavorare con pochi elementi visivi: uno o due colori, un’immagine o forma, e il testo ben composto, che si faccia capire e leggere. Mi piace la semplicità, e la fase finale di un progetto è quello della sottrazione: togliere e ripulire da elementi superflui. In generale il progetto visivo non deve essere forzato. Non cerco di sorprendere ma comunicare correttamente e in modo chiaro il contenuto. È il contenuto la forza di un progetto, e la grafico lo traduce visivamente e lo rende comunicabile dandogli un’identità e un contesto immediati.
Che consiglio darebbe a un giovane che intende affacciarsi al mondo del graphic design?
Il grafico fa un lavoro che permette di entrare in contatto con realtà diversissime. Quindi è necessario essere curiosi. Consiglio di imparare a usare bene gli strumenti della grafica, lavorando su progetti degli altri occupandosi delle parte esecutiva, imitando e copiando gli stili che piacciono. Quando poi si è sicuri e si sanno usare, si ha un metodo e una strategia, diventa più facile dare spazio ai propri progetti e a uno stile personale.
A quali progetti sta attualmente lavorando?
I lavori principali a cui sto lavorando sono un libro di fotografico, che ha una struttura della parte testuale complessa, e al restyling di un sito web. Sono lavori dove la modifica di un elemento si deve ricalibrare con tutto il resto. Inoltre sono un tipo di progetti che richiedono delle fasi di decantazione: si comincia, e poi si sospende per qualche giorno, poi si riguarda quello che si è fatto con uno sguardo diverso, e si va avanti. Il senso di quello che si sta facendo emerge dopo un processo che prevede una pulizia dall’inquinamento visivo a cui siamo sottoposti quotidianamente con il lavoro che facciamo.
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