Se stai approntando un file per la stampa o ti accingi a farlo, è bene che tu conosca una delle principali variabili che potrebbero influire sulla resa cromatica del prodotto che hai intenzione di realizzare: il codice del colore. Molto spesso, infatti, è proprio tale passaggio a incidere sul risultato finale. L’errore più comune riguarda l’invio di file in RGB a tipografie che lavorano con il sistema in CMYK, ovvero in quadricromia. Cosa sono, dunque, RGB e CMYK? E perché è sempre consigliabile lavorare con quest’ultimo metodo in ottica di stampa? Te lo andiamo a spiegare con una rapida e semplice guida: dopo averla letta, questo argomento non avrà più segreti per te!
Che cos’è l’RGB
L’RGB è un modello di colori riconosciuto a livello internazionale che si basa su tre colori principali, vale a dire il rosso (Red), il verde (Green) e il blu (Blue). Si tratta di un sistema “additivo”, perché è sommando questi tre colori che si ottengono gli altri. Sovrapponendoli tutti, la somma dà il colore bianco.
Che cos’è il CMYK
La sigla CMYK va invece a indicare un altro modello di colori che prende anche il nome di quadricromia. Si tratta del ciano (Cyan), del magenta (Magenta), del giallo (Yellow) e del nero (Key black). Questo sistema viene utilizzato dalle tipografie tradizionali così come da quelle online e funziona attraverso l’impiego di una “lastra chiave” alla quale vengono allineate le lastre di ciano, magenta e giallo. Si tratta di un sistema “sottrattivo”, che lavora dunque in maniera opposta rispetto al metodo RGB perché il colore viene ottenuto con la differente luminosità di ciascuna tonalità.
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Differenze tra file e stampa
A grandi linee, e cercando di sintetizzare al massimo un argomento in verità piuttosto complesso come si evince, i colori che vediamo sul monitor del computer sono in RGB, mentre i colori che escono dalla stampa (pensa ad esempio alla realizzazione di un flyer o di uno striscione) sono in CMYK. Questo implica una netta differenza a livello di scale: se il monitor permette di visualizzare milioni di colori, il sistema di stampa è invece notevolmente più limitato. E questo è il primo motivo per cui un file che visualizziamo in un certo modo al computer non necessariamente corrisponde al prodotto stampato che ci ritroviamo per le mani.
Ricapitolando, se il file è funzionale ad una visualizzazione a video (come un elemento di un sito web), va benissimo il sistema RGB perché offre una gamma più ampia di gradazioni tra le quali andare a scegliere e sbizzarrirsi. Se invece il file deve servire alla stampa di un qualsiasi prodotto, è buona norma convertirlo in CMYK per evitare sorprese non gradite a lavoro eseguito. I programmi professionali di grafica offrono la possibilità di scegliere con quale profilo lavorare, quindi basta un solo click per selezionarlo. Sempre questi software (come Adobe Photoshop o Adobe Illustrator) permettono anche di convertire un file da RGB a CMYK: se eseguirai questa operazione potrai renderti conto in prima persona della variazione cromatica tra i due profili. Qui sotto riportiamo un’immagine che illustra quanto ti stiamo dicendo.
Appare evidente anche ad un occhio distratto come nella conversione tra RGB e CMYK si assista ad un abbassamento dei toni, soprattutto nei colori molto accesi.
Adesso che conosci le caratteristiche e le differenze tra RGB e CMYK, non potrai più sbagliare!
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