Quella di Simone Massi è una figura d’artista come ormai non se ne trovano più. Nato e tuttora residente a Pergola, piccolo paese nella provincia di Pesaro-Urbino, Massi, dopo una trafila come operaio, inizia a dedicarsi alla passione per il disegno, che diventa ben presto un lavoro a tempo pieno. Le sue tavole si trasformano in brevi film d’animazione che travalicano i confini nazionali per ottenere oltre duecento riconoscimenti un po’ da ogni parte del mondo. In un mondo di grafiche al computer, l’opera di Massi è ancora, ostinatamente, quella di un artista legato al gesto manuale, all’invenzione senza compromessi o scorciatoie.
La tua opera mette il disegno al servizio del cinema, e viceversa. Come ti sei avvicinato all’una e all’altra arte?
Mi sono avvicinato al disegno come tutti i bambini, per gioco. Mentre al cinema ci sono arrivato per una serie di casualità e coincidenze. Almeno: così pare oggi a me, ma potrebbe anche darsi che il gioco del disegnare dovesse necessariamente sfociare in quello che poi è diventato lavoro e passione.
Nell’epoca in cui tutto (o quasi) viene fatto al computer, ti affidi esclusivamente al lavoro delle mani. Un lavoro molto più lungo, laborioso, immagino tanto dispendioso quanto gratificante. Cosa significa, per te, procedere in questo modo?
Una scelta del genere è sicuramente fuori dal tempo e fuori mercato. Al punto che può essere intesa come testarda e insensata. Naturalmente per me un senso ce l’ha: la mia generazione è cresciuta con una idea concreta di creatività, lo sguardo doveva riuscire a vedere la forma nascosta dentro al legno, al ferro, alla pietra… e le mani che si adoperavano per tirarla fuori, quella forma, si sporcavano, stancavano e ferivano. Penso che in generale questo tipo di educazione che tiene insieme visione, errore e manualità abbia un valore e non debba essere cancellata o rinnegata.
E se anche avessi torto per me cambierebbe poco: non ho voglia di mettermi al passo dei tempi e ne ho ancora meno di sgomitare con animatori da tastiera. Il virtuale mi rattrista, l’idea di cancellare ogni errore con una combinazione di tasti mi inquieta.
Un filo conduttore che possiamo di sovente trovare nelle tue opere è il recupero di una memoria che può essere personale o collettiva, ovvero della tua famiglia o della gente che ha abitato i tuoi luoghi. Che significato ha, per te, riverberare – quasi in qualche modo cristallizzare – questa tradizione che altrimenti rischierebbe di perdersi nel tempo?
La fine del ‘900, per me, ha coinciso con la fine di tutto quello che mi è stato insegnato o che ho visto da bambino: una frattura della terra sotto i piedi che mi ha separato e allontanato da un mondo che immaginavo eterno e immutabile. Sto cercando di farmi coraggio e imparare a farcela da solo ma l’epoca nuova non mi piace e continuo a voltarmi indietro per avere riferimento, sostegno, rassicurazione.
Tra i tuoi riferimenti letterari c’è Cesare Pavese, uno scrittore che ha trattato in più di un’opera il legame con il paese natale. Quali vantaggi, e quali eventuali scomodità, porta con se la tua scelta di restare a vivere a Pergola, nell’entroterra marchigiano? E quali altri artisti ti hanno influenzato?
Ho scelto di rimanere proprio per quello che ho appena detto, perché a Pergola c’è quel che rimane della mia infanzia: i familiari, gli amici, i luoghi e i cicli delle stagioni. Fra gli svantaggi in passato dicevo sempre “l’isolamento e il lavoro” ma col passare degli anni mi paiono cose di poco conto, mezze sciocchezze che si dicono per far contenti i pochi forestieri di passaggio che dopo qualche ora spesa nei miei luoghi se ne tornano nella grande città.
Oltre a Pavese mi hanno influenzato Tarkovskij e Morrissey. Altri nomi ci saranno sicuramente ma non mi vengono in mente.
C’è un soggetto in particolare (una storia, un personaggio, un mondo) che ti piacerebbe trattare in uno dei tuoi futuri lavori?
Ho un soggetto -liberamente ispirato alla figura di Cesare Pavese- che per cinque anni ha bussato invano alle case di produzione di mezza Europa. Alla fine mi sono arreso: il film non si farà, non ho più voglia di farlo. Al momento non voglio pensare all’animazione o al disegno, sognare ho sognato tanto e adesso ho voglia di stare sveglio.
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