Correva il 1971 e al civico 430 di King’s Road, a Londra, Vivienne Westwood apriva la sua boutique di abbigliamento, per tutti semplicemente il Let It Rock. Non esattamente un luogo qualsiasi, come si avrà modo di scoprire negli anni successivi. Non era nemmeno un negozio che si sarebbe potuto definire alla moda per i suoi tempi, ma questo per un motivo molto semplice: si apprestava a definire lo stile “alternativo” degli anni successivi. La Westwood e il marito Malcom McLaren erano dei geni visionari, ma per capirlo là fuori si sarebbe dovuto attendere il 26 novembre del 1977, esattamente quaranta anni fa, quando la pubblicazione del primo singolo dei Sex Pistols, Anarchy In The UK, avrebbe smerciato non solo il punk in tutto il Regno Unito, ma anche uno stile nuovo e trasgressivo. Quello di Vivienne Westwood.
Il primo interesse della designer londinese andava verso la moda Teddy Boy, una sottocultura attiva nel decennio precedente tra i sudditi di sua Maestà che ascoltavano jazz e soul. Già l’anno successivo rispetto all’apertura del Let It Rock, però, a catturare l’attenzione della Westwood era l’abbigliamento da biker. Subentravano così cerniere, giubbotti di pelle, insomma un look che alla “semplice” ribellione abbinava un look maledetto. Era così che la boutique diventava il tempio per tutti i londinesi che ambivano a sfoggiare uno stile alternativo e soprattutto trasgressivo. La storia, poi, fa il suo corso, ed è ovvio che se non fosse esistito il Let It Rock, poi rinominato in Sex, non sarebbero nemmeno esistiti i Sex Pistols. Qui Cook, il batterista degli allora The Strand, entrò in contatto con McLaren. Sempre qui lo stesso McLaren ingaggiò quello che di lì a poco sarebbe stato ribattezzato Johnny Rotten: non aveva mai cantato in una band, ma quello che deponeva a suo favore era il look che indossava. A Londra, alla metà degli anni Settanta, accadeva anche questo. Dal 26 novembre del 1976 in avanti, quello stesso look diventerà una vera e propria moda. E per qualcuno, ancora oggi, non è mai passata.
Se questa è la storia riguardante i Sex Pistols e più in generale il movimento punk inglese, va detto che un po’ tutte le correnti rock hanno dettato le loro regole sotto il profilo della moda. Limitandoci ai confini del Regno Unito, il primo esempio eclatante in ordine di tempo è quello Mod (diminutivo di “modernism”), un fenomeno che è in qualche modo “erede” rispetto a quello dei Teddy Boys. Nasce alla fine degli anni Cinquanta ma si sviluppa appieno nei magici Sessanta: i suoi segni distintivi sono il simbolo della Royal Air Force, il look curato e il parka, la Lambretta e la Vespa (ebbene sì, l’italian style imperava). A livello musicale, invece, i must sono il beat, lo ska e il soul – in particolare il cosiddetto northern soul. Il mod avrà il suo revival anche alla fine degli anni Settanta, subito dopo l’esplosione del punk, simboleggiato a livello musicale da Quadrophenia degli Who.
Un’altra sottocultura decisamente iconica e riconoscibile è quella che fa riferimento al movimento heavy metal, sorto in Gran Bretagna nei primi anni Ottanta. L’immaginario è un po’ quello dei rockers: moto, giacca in pelle, Levi’s 501, taglio slim fit, capelli lunghi, birra sempre in mano, ma in aggiunta anche un collegamento alla letteratura hard boiled, in particolare con i libri e i fumetti di gangster. A livello musicale, il simbolo di questa scena sono i Judas Priest, considerati veri e propri “metal gods”.
Questi sono soltanto alcuni esempi di come la musica abbia saputo veicolare le mode e la cultura in generale nel corso dei decenni: avremmo potuto citare il glam metal, il rap, il movimento dark, la techno, persino il grunge e il britpop, assurti in tutto il loro splendore in quegli anni Novanta in cui c’era chi andava in giro con camicie di flanella e Doctor Martens e chi ribatteva con capelli a caschetto e maglioni sformati. Certo, però, un esempio come quello dei Sex Pistols è a suo modo eccezionale e forse addirittura irripetibile, perché in questo caso è più evidente che mai come ci sia un prima e un dopo rispetto a quel 26 novembre in cui tutto cambiò, e il rock non fu più lo stesso. E, per certi versi, nemmeno l’universo “parallelo” della moda.
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