L’influence marketing è un concetto conosciuto da tempo, le prime teorie risalgono addirittura al 1940, ad uno studio sulla comunicazione politica che analizza come gran parte delle persone viene influenzata da informazioni di seconda mano e dall’opinione di figure autorevoli, i cosiddetti opinion leader. Le grandi aziende ne hanno sempre fatto largo uso, facendo comparire personaggi influenti (grandi attori, musicisti, ma anche personalità autorevoli come giornalisti, accademici o consulenti professionali), pensiamo al recente Bruce Willis a cui non prende il cellulare o al dentista che consiglia lo spazzolino elettrico; negli ultimi anni però il concetto è stato applicato anche al web e per le aziende è nato un modo alternativo di fare marketing.
È un modello che negli Stati Uniti viene utilizzato ed è consolidato già da tempo, ma che in Italia è arrivato più recentemente, dietro grandi proteste e sommerso da fiumi di articoli decisamente poco lusinghieri. Tuttavia, essere influencer (cioè una persona che attraverso video, blog oppure anche podcast è diventata un’autorità in un determinato settore e attraverso la vasta rete di follower sui propri social network è in grado di influenzare le decisioni d’acquisto dei consumatori) oggi è diventata una vera e propria professione oltre che, per una fortunata minoranza, un semplice trampolino di lancio per entrare nel jet set. Gli esempi sul territorio italiano sono innumerevoli e in continuo aumento, il più conosciuto è sicuramente il caso della fashion blogger Chiara Ferragni e del suo spazio The Blonde Salad: non solo è sempre presenti agli eventi dedicati alla moda in giro per il mondo, è stata cover girl per Vogue Spagna, ma ha anche recentemente lanciato una sua linea di scarpe e accessori. La Ferragni è al quarto posto nella classifica dei top influencer nel mondo su Instagram, con circa 5.400.000 follower, che sono raggiunti ogni giorno dai contenuti che Chiara pubblica: è chiaro perché le case di moda fanno a gara per farle promuovere i propri prodotti.
L’esempio della Ferragni è un estremo, non sono in molti ad avere una portata di connessioni così ampia, eppure molte aziende, anche di piccole dimensioni, dopo un periodo iniziale di diffidenza hanno compreso la portata di questo fenomeno e hanno imparato come sfruttarlo al meglio. La crescente importanza della figura degli influencer ha anche portato alla nascita di nuove idee e nuovi strumenti alla portata di tutti, che aiutano le aziende ad entrare facilmente in contatto con il pubblico.
Uno di questi strumenti è una realtà tutta italiana, Lovby, un’azienda pubblicitaria 2.0 che in poco tempo (ha esordito nel febbraio 2016) è riuscita a guadagnarsi uno spazio tutto suo, creando contatti e collaborazioni tra le aziende e i consumatori.
Secondo Fabrizio Rametto, presidente di Loveby, “Il vero influencer non è il vip, ma chi effettivamente ha comprato il prodotto/servizio e ne è pienamente soddisfatto parlandone con i suoi amici o colleghi. È il brand lover, che diventa testimonial della validità di un prodotto nella quotidianità, e non è il vip che, nell’eccezionalità di uno spot televisivo che ha un tempo estremamente limitato, molte volte non ha neanche provato il prodotto/servizio.”
L’influenza di un utente viene calcolata attraverso i suoi canali social, con un algoritmo complesso Lovby analizza i profili social con cui ci si è registrati (contatti e amici, retweet, condivisioni e commenti, e ovviamente la frequenza di utilizzo e di interazione con i propri follower). Aumentando i canali social collegati e le interazioni con i propri contatti, il punteggio d’influenza aumenta. I punti accumulati possono essere spesi nello shop presente sulla piattaforma, dove ci sono vari articoli che vanno da oggetti di design a quelli di elettronica o da gioielli a viaggi.
Le aziende iscritte al portale creano delle missioni, delle azioni che vengono proposte agli utenti in funzione degli obbiettivi che vogliono raggiungere, per esempio alcuni brand chiedono di mettere Mi piace alla loro pagina di Facebook, altri di registrarsi al sito, oppure di condividere nelle proprie bacheche determinati post. Saranno poi gli utenti iscritti al portale a scegliere se diventare brand ambassador decidendo se portare avanti la missione proposta o meno.
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