Il dibattito sull’efficacia delle mostre multimediali tiene impegnati i critici e gli storici dell’arte e gli operatori culturali già da parecchio tempo. La risposta al quesito pare essere in realtà molto positiva, visto il grande numero di pubblico generalista che viene attirato dalle mostre immersive e dalla realtà virtuale. In questa nuova frontiera del contesto museale si colloca l’Atelier des Lumières, che lo scorso giugno ha aperto i battenti nell’undicesimo arrondissement di Parigi. L’Atelier è ufficialmente il primo centro parigino dedicato completamente all’arte digitale e alle mostre multimediali. La sede è stata aperta nell’ex Fonderia Plichon, una vecchia fabbrica del XIX secolo situata nella parte orientale di Parigi, non lontano dal cimitero di Père-Lachaise e da Place de la Bastille.
La sede
La realizzazione dell’Atelier fa parte di un progetto molto più grande messo in atto negli ultimi anni dall’amministrazione parigina che prevede la riqualificazione urbana della zona in tandem con il confinante Belleville, ex quartiere popolare oggi ricco di gallerie d’arte e di spazi espositivi. L’ex Fonderia Plichon che ospita l’Atelier des Lumières è stata eretta nel 1835 ed è stata recuperata nel più totale rispetto della struttura in acciaio originaria, sfruttando appieno la monumentalità dei suoi spazi. Il progetto porta la prestigiosa firma di Culturespaces, la società che nel 2012 aveva ideato il Carrières de Lumières, una serie di proiezioni di opere di Matisse, Chagall e Van Gogh sulle pareti delle grotte di Le Baux de Provence. L’esposizione ha attirato nel piccolo villaggio provenzale all’incirca 1.5 milioni di visitatori all’anno, trasformando Le Baux de Provence in un’incredibile attrazione turistica per tutta la Francia meridionale. Culturespaces gestisce inoltre altri importanti monumenti e musei francesi, come il teatro romano di Orange e il museo Jacquemart-André a Parigi.
La superficie conta oltre tremila metri quadri e si articola in una sede espositiva principale di circa 1500 mq chiamata La Halle, riservata alle esposizioni principali, e in una frazione secondaria di 160 mq chiamata Le Studio, riservata agli artisti contemporanei specializzati nell’uso del digitale.
Nelle aree espositive sono stati installati 140 videoproiettori per creare un allestimento multimediale che coinvolge interamente tutto lo spazio, dal pavimento al soffitto, sfruttando in modo panoramico tutti i 10 metri d’altezza, e gestisce oltre 3.000 immagini in movimento. Oltre il comparto visivo, anche quello sonoro è curatissimo grazie a un impianto acustico all’avanguardia ideato espressamente per rendere l’esperienza ancora più emozionale la visita.
La mostra
Le mostre di apertura dell’Atelier sono dedicate a Gustav Klimt e la Secessione viennese e all’epigono di quest’ultimo, Friedensreich Hundertwasser (1928 – 2000), pittore e architetto austriaco. Il pubblico può esplorare a 360 gradi le atmosfere della Secessione viennese, esperendo l’accuratissimo anti accademismo di Klimt e l’erotismo inquieto di Schiele, riuscendo contemporaneamente ad ammirare le ambientazioni originarie delle opere (dal Kunsthistorisches Museum di Vienna al Burgtheater) ricreate digitalmente nello spazio circostante. Oltre alle immagini del Palazzo della Secessione, si possono ammirare anche i dettagli dei manifesti dell’epoca e i numeri del Ver Sacrum, la rivista ufficiale dei Secessionisti. L’itinerario espositivo è accompagnato da sottofondi musicali ispirati ai grandi musicisti dell’epoca, per cui ovviamente predominano Richard Wagner, Ludwig van Beethoven, Richard Strauss e Gustav Mahler. Nello spazio Le Studio la Creative New Media Agency Ouchhh, presenta Poetic_AI, un’opera generata da algoritmi, che offre un’esperienza poetica e immersiva attraverso forme, luci e movimento. Il progetto è curato da Beatrice Avanzi e realizzato da una squadra interamente italiana composta da Giafranco Iannuzi, Renato Gatto, Massimiliano Siccardi, Ginevra Napoleoni e Luca Longobardi.
Secondo Bruno Monnier, presidente di Culturspaces: “La funzione di un centro d’arte consiste nell’abbattere le barriere. […] È per questa ragione che il digitale deve ritagliarsi il suo spazio nell’attività espositiva del ventunesimo secolo. […] Messo al servizio della creatività, diventa un formidabile vettore di diffusione, capace di creare collegamenti tra le epoche e di far dialogare tra loro le pratiche artistiche, amplificando le emozioni e raggiungendo un pubblico più ampio. […] Siamo entrati nell’era digitale. È un fenomeno che viviamo tutti i giorni. Questo è vero anche nei musei e nel nostro modo di accedere alla cultura”.
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