Qualche articolo fa abbiamo visto come le vendite delle stampanti 3D siano aumentate notevolmente nell’ultimo periodo, subendo un’impennata del 32% a livello globale secondo l’agenzia inglese Context. Uno dei motivi di questa crescita è ovviamente legato alla diminuzione dei prezzi, che sono scesi dai 1.302 dollari del 2015 ai 1.052 dollari del 2016, ma non solo, la scoperta delle applicazioni della grafica 3D nelle discipline più disparate ha portato ad una massiccia diffusione delle stampanti anche tra i privati.
Oltre al campo dell’architettura, dove sono già state sperimentate la costruzione di facciate di palazzi in plastica ecocompatibile, palazzi interi e ponti pedonali, oltre a quello industriale, dove Boing con la stampante 3D sta già realizzando le componenti dei propri aerei e dove Local Motors ha realizzato Olli, il primo bus interamente creato in stampa 3D, oltre anche al campo medico dove l’applicazione del 3D ha sicuramente l’applicazione più utile, due degli ambiti in cui l’utilizzo delle stampanti 3D va per la maggiore sono l’arte e l’alimentare.
Nell’ambito della ristorazione e del food, sicuramente i lavori più interessanti sono quelli di Dinara Kasko, architetto, designer e pastry chef per passione. Dopo una carriera da progettista 3D, Dinara ha deciso di seguire la sua passione, il cake design e la food photography. Nel farlo però, ha pensato di applicarvi tutto il bagaglio di conoscenze che aveva costruito come progettista 3D, creando così un connubio che lascia estasiati. Per Dinara tutto parte da un’idea astratta, che poi viene elaborata al computer e sviluppata tramite il software per progettazione grafica Autodesk. Dopo aver sperimentato con colori, forme e proporzioni procede a stampare il progetto finito in silicone alimentare. Dinara è un’amante del minimalismo, perciò gli elementi principali da cui trae ispirazione e con cui compone i suoi lavori sono le forme geometriche principali: il triangolo, il cerchio e il rettangolo. Allo stesso modo, i colori utilizzati principalmente sono il nero, il bianco e il rosso. Anche la fotografia, la composizione dell’immagine e la presentazione svolgono un ruolo molto importante, permettendo così di presentare le torte come veri e propri oggetti d’arte. Gusto e bellezza dunque, un connubio irresistibile. La pasticceria 3D al momento per Dinara non è un lavoro ma solo un hobby, tuttavia l’azienda produttrice di stampi in silicone Silikomart è rimasta molto colpita dai lavori dell’archichef e ha quindi deciso di produrne gli stampi su larga scala.
Quella di Dinara Kasko non è però l’unica realtà nel campo del food in 3D, nell’agosto del 2016, a Londra, ha aperto il primo ristorante pop up (ovvero delle realtà che prendono vita per periodi limitati di tempo, da un giorno a pochi mesi) che ha presentato nove portate stampate interamente in 3D e frutto della cucina molecolare, tutte curate da Antony Dobrzensky, dallo chef Marcio Barradas e da un team internazionale che riunisce altrettanti chef, architetti, artisti, progettisti, ingegneri, industriali, inventori e tecnologi. I cibi del ristorante Food Ink, questo il suo nome, erano progettati per uscire da una stampante speciale realizzata dalla compagnia byFlow (la stessa che creò Focus, la prima stampante 3D portatile multimateriale) e caricata con verdure, farine e carni. Ma a Food Ink, non era solo il cibo ad essere “stampato”, tutti gli utensili, le posate, le sedie e persino tutti i mobili erano completamente prodotti con una stampante 3D, secondo la filosofia pop up del luogo. Gli ospiti del ristorante, dieci per ogni sera dal 25 al 27 luglio 2016, hanno potuto gustare le portate del menù spendendo 250 sterline a testa. Al momento il progetto Food Ink non ha indicato nuove date di apertura oltre a quelle dello scorso luglio, ma i fondatori hanno intenzione di portarlo in giro per il mondo con un world tour che passerà per diverse città tra cui Berlino, New York, Seul, Dubai, Amsterdam, Toronto, Las Vegas, Tel Aviv, Parigi, Barcellona, San Paolo, Singapore e anche in Italia, a Roma.
Il made in Italy non si tira certo indietro e Barilla, al Cibus, il salone internazionale dell’alimentazione dello scorso 2016, ha presentato il prototipo della stampante 3D per la pasta: un macchinario che non soltanto permette di replicare in pochi minuti i formati più classici cui siamo da sempre abituati, ma che consente anche di progettare nuove forme. Il progetto in realtà era stato avviato avviato quattro anni prima dalla collaborazione tra il Gruppo Barilla e il centro di Ricerca Olandese Tno (Organizzazione Olandese per la Ricerca Scientifica Applicata). Il prototipo è in grado di produrre pasta fresca in 2 minuti, utilizzando un impasto preparato solo con semola di grano duro e acqua.
L’altro grande ambito dove la stampa 3D si sta espandendo a macchia d’olio e con una miriade di applicazioni diverse, è quello dell’arte. La stampa 3D ha dato modo agli artisti di esprimersi in modi spesso molto distanti da quella che è considerata “l’arte canonica”, e ciò ha causato non poche polemiche e discussioni sul fatto che con l’avvento di questo nuovo tipo di stampa l’arte sia diventata “facile”. Ai posteri lasciamo l’ardua sentenza. Qualsiasi sia la vostra opinione è innegabile che l’avvento della stampa 3D abbia stimolato non poca creatività.
È il caso della fotografa trinidadiana Sandra Canning, che ha ibridato il proprio media con la stampa 3D arrivando a creare delle litofanie: “Ho collaborato con un team di ingegneri per stampare dei modelli 3D delle mie fotografie. Questo tipo di conversione da 2D a 3D è spesso definito “litofania stampata in 3D”. Le litofanie erano molto popolari nel 1800 e sono ora state riscoperte dalla stampa 3D. Una litofania è un’immagine che è stata incisa su di un materiale traslucido che viene rivelata solo quando illuminata. Il software genera il modello 3D della fotografia convertendo la scala di grigi dell’immagine in altezza: le aree più scure avranno un’altezza, uno spessore maggiore, mentre le aree più leggere saranno più sottili per consentire una maggiore luminosità”.
Kevin Caron invece è uno scultore statunitense che lavora principalmente con i metalli: “Oltre a utilizzare la stampa 3D per creare sculture originali, la uso anche per la prototipazione – l’opera starà in piedi? È proporzionale? Ecc. In questo modo risparmio moltissime ore di lavoro. Posso dire che la stampa 3D ha influenzato profondamente il mio lavoro, perché con essa posso creare sculture di forme che altrimenti non mi sono possibili. È un nuovo media che sicuramente mi ha aperto nuovi mondi”.
Un’altro progetto decisamente interessante è x.pose, una scultura interattiva basata sulla trasmissione dei dati via social network: ogni volta che si posta un tweet, la scultura/abito stampata in 3D che s’indossa diventa sempre più trasparente. L’esperimento tecnologico di Xuedi Che e Pedro Oliveira dimostra la vulnerabilità delle persone online, è una metafora per mostrare quanto nell’era dei sociale e dalla condivisione compulsiva la privacy sia continuamente messa a rischio. Come recita lo slogan del progetto, “Nel regno digitale siamo sempre nudi”.
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