È uno degli scheletri più diffusi negli armadi non solo di coloro che di grafica e stampa conoscono poco o nulla, ma anche dei web designer che, almeno una volta nella loro vita, sono caduti nel tranello. Di cosa stiamo parlando? È molto semplice: del colore nero, o meglio, dei colori neri, altrimenti detti “piatto” e “ricco”. Due aggettivi che identificano altrettante tonalità o gradazioni di una tinta che siamo abituati a considerare neutra o “standard”, ma che così non è affatto. Un po’ come il bianco, che presenta diverse sfumature, dall’avorio al color panna, anche il nero può essere più o meno intenso o cangiante. Possono sembrare differenze di poco conto, e invece sono fondamentali nel momento in cui un file passa dal monitor di un computer alla stampa: le differenze tra i neri potrebbero infatti risultare eclatanti e rovinare un lavoro accuratamente approntato.
Come fare, dunque, per evitare di incappare in questo spiacevole inconveniente? Vediamo di spiegarlo in questo rapido ed esaustivo articolo. Buona lettura!
La differenza tra nero ricco e nero piatto
Il malinteso, se così possiamo chiamarlo, deriva dal fatto che sullo schermo non esiste differenza tra nero ricco e nero piatto. Il monitor “rappresenta” il nero semplicemente eliminando ogni tipo di luce. In questo modo, però, si rischia di cadere nell’errore di considerare, appunto, ogni nero uguale all’altro. Così, evidentemente, non è. E lo si capisce partendo proprio dal processo di stampa: il nero piatto viene realizzato, in quadricromia (CMYK), con l’utilizzo di un 100% di inchiostro nero, derivante dalla semplice combinazione C=0, M=0, Y=0, K=100. Il nero ricco, così definito in quanto contraddistinto da una tonalità più vivida, si ricava dalle diverse combinazioni dei livelli di ciano, magenta, giallo e nero, i quali tutti insieme concorrono a formare la tinta di colore nero. In questo caso, si può andare “a occhio” (se vi fidate della vostra vista) oppure lasciare fare ai programmi di grafica. Facciamo un esempio: su Photoshop, uno dei fiori all’occhiello della suite di Adobe nonché uno dei software più utilizzati al mondo, convertendo un’immagine dalla tricromia (RGB) alla quadricromia (CMYK) il colore nero viene automaticamente “tradotto” nella combinazione C=63, M=52, Y=51, K=100. Motivo per il quale questa soluzione è forse la più diffusa e utilizzata su scala globale.
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Come uniformare due tinte nere differenti
Ok, adesso che conosciamo la differenza tra un nero ricco e un nero piatto, vediamo come è possibile uniformare due tonalità di nero per rendere più uniforme (e gradevole alla vista) una immagine utilizzando Photoshop, lo strumento di fotoritocco più diffuso in assoluto. Sostanzialmente, possiamo adottare tre metodi diversi per raggiungere lo stesso risultato.
Il primo, che è forse il più veloce ma anche il meno preciso, consiste nel riempimento tramite l’utilizzo del secchiello o del pennello. Il procedimento è davvero semplice: basta cliccare il tasto I sulla tastiera (la shortcut del colour picker), poi cliccare sul colore che si vuole copiare, che diverrà il campione. Dopodiché clicca sul tasto G della tastiera per selezionare il Secchiello colore e clicca sull’area che vuoi colorare: il gioco è fatto.
Il secondo metodo consiste nell’utilizzo della funzione Sostituzione colore (Replace colour se hai Photoshop impostato in lingua inglese): nella finestra che si apre è possibile sostituire il colore o uniformarlo a quello di altre aree, selezionando le zone dell’immagine che si vuole modificare. Per prima cosa, apri la foto e togli il lucchetto al livello. Poi rasterizza l’immagine cliccando sul tasto destro sul livello e selezionando Rasterizza immagine. Dopodiché clicca in alto su Immagine e poi su Sostituzione colore: si apre una nuova finestra che dà la possibilità di selezionare l’area alla quale vuoi cambiare il colore. Adesso è sufficiente cliccare sulla preview per modificare il colore e inserire il nero desiderato.
In alternativa, e stiamo già parlando del terzo metodo consigliato, è possibile selezionare il nero che si vuole mantenere, controllare i suoi parametri alle voci C, M, Y e K e ricopiarle pari pari dentro i dati dell’altro nero che si vuole uniformare al precedente.
In conclusione
Quelle appena mostrate sono tre strade diverse (e nemmeno le uniche, probabilmente) per raggiungere lo stesso risultato, e soprattutto per scongiurare la possibilità che si mandi in stampa un file diverso rispetto a quello che vediamo visualizzato sullo schermo del computer. Ricorda sempre che il monitor del computer non fa mai fede sul risultato finale: per sicurezza, prima di inviare in stampa un progetto fai una prova con qualsiasi stampante sottomano, in questo modo non incapperai in un errore tanto diffuso quanto spiacevole.
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