Nel 2018 il colore scelto dal Pantone Color Institute è stato Ultra Violet, il colore dal codice 18-3838 di cui abbiamo già parlato anche in un altro articolo. Dall’annuncio dell’Institute questo colore è rapidamente entrato tra le tendenze dell’anno e moltissime star e influencer hanno immediatamente iniziato ad utilizzarlo nell’abbigliamento e negli accessori. Secondo la vice presidente del Pantone Color Institute Laurie Pressman l’ultra violet ha però un significato che supera il semplice essere di moda: “Con tutto quello che di negativo succede nel mondo oggi, il significato dell’ultra violet coincide con un altro ancor più profondo che tende a voler sanare ciò che di marcio c’è. L’ultra violet è lo specchio riflesso di ciò che il mondo ha bisogno attualmente”. Siamo di fatto immersi in un mondo di violenza e spiritualità, di reale e virtuale, un mondo suggestionato da magia, tecnologia e storia e dove la post verità è più importante della realtà stessa dei fatti, un mondo quindi ben espresso dal colore viola, nato dalla commistione del calore e dell’aggressività del rosso con la calma e la freddezza del blu. Un’unione di opposti.
La storia del viola ha origine già ai tempi del popolo dei fenici quando veniva prodotto nella città di Tiro dalla bollitura di migliaia (le fonti ne indicano 9000) di lumache di mare, estraendone così il muco dalle ghiandole. In alternativa, il viola si otteneva da una lunghissima lavorazione di un miscuglio a base di licheni, urina ed escrementi di pipistrello. Proprio la sua complicatissima creazione, rimasta poi invariata fino all’800 inoltrato, era occasione di un commercio costosissimo che da Tiro partiva via nave diretto verso Gerusalemme ed era molto spesso preda di pirati e corsari.
Nel corso del periodo preromano, prima dell’VIII secolo a.C., le popolazioni del centro Italia associavano il colore viola alle carestie. Per scongiurare questi periodi di magra si celebravano le cerimonie del Ver Sacrum, la primavera sacra, una ricorrenza rituale dove venivano offerti agli dei i primogeniti nati da marzo a giugno. Si trattava ovviamente di sacrifici simbolici e i bambini, una volta raggiunta l’adolescenza, venivano spinti ad allontanarsi dal villaggio per formare nuove comunità sotto la guida di uno spirito totemico o di un animale guida: un esempio su tutti è il picchio verde simbolo della regione Marche, che nasce proprio da questa tradizione. Con l’avvento della civiltà romana prima e cristiana poi, si cominciò a utilizzare il colore viola per identificare e segnalare i periodi considerati di cambiamento o rinnovo, come l’Avvento o la Quaresima. Non a caso i paramenti liturgici utilizzati nei periodi di purificazione penitenziale sono proprio viola.
Nel Medioevo, durante il periodo di Quaresima, per rispettare il periodo di purificazione erano vietate le rappresentazioni e gli spettacoli pubblici, per questo motivo per le compagnie teatrali e per gli attori era davvero complesso guadagnarsi da vivere. Questo è il motivo per cui ancora oggi il viola è un colore associato alla sfortuna sui palchi dei teatri e degli spettacoli televisivi.
Il viola è considerato anche il colore della nobiltà. Ciò deriva principalmente dal prezzo proibito che la tintura viola ha sempre avuto nel corso dei secoli ma anche da alcuni provvedimenti: nel XVI, la Regina Elisabetta I d’Inghilterra vietò ai sudditi di portare abiti viola e tale colore venne indossato solo dai più stretti membri della famiglia reale. La cosa non fu difficile perché, appunto, la tintura viola era scandalosamente costosa, tanto che solo i sovrani particolarmente abbienti potevano permetterselo. Ne è la prova il fatto che l’imperatore romano Aureliano, nel III secolo non permise alla moglie di comprare uno scialle fatto di seta viola di Tiro perché costava letteralmente il suo peso in oro. Nel corso del periodo rinascimentale era la famiglia dei Medici a indossare il viola, non a caso si trattava della più ricca famiglia di banchieri tra tutte le città dell’epoca. Il costo già proibitivo divenne ancora maggiore a causa della quasi estinzione della lumaca usata per realizzare la porpora imperiale, che scomparve nel 1453. L’esclusività del colore viola rimase tale anche per tutto il corso dell’era elisabettiana (1558 – 1603), durante la quale come già accennato tutti in Inghilterra dovettero attenersi strettamente alle leggi suntuarie (disposizioni legislative che limitavano il lusso nella moda maschile e femminile) che regolavano rigorosamente i colori, i tessuti e i vestiti che potevano e non potevano essere indossati dalle varie classi sociali all’interno della società inglese. Il viola diventò decisamente più accessibile anche alle classi inferiori solo nel 1856, quando il giovanissimo (all’epoca aveva 18 anni) chimico inglese William Henry Perkin creò accidentalmente un composto sintetico viola mentre tentava di sintetizzare il chinino per creare un farmaco antimalarico. L’esperimento non raggiunse il risultato sperato ma Perkin notò subito che il composto poteva essere usato per tingere i tessuti, così brevettò la tintura e iniziò a fabbricarla sotto il nome di anilina viola o porpora di Tyrian, facendo una fortuna nel processo.
Questa scoperta divenne rapidamente in grado di rivoluzionare l’industria, la moda, i costumi: la regina Vittoria indossò il colore viola alla Royal Exhibition del 1862 e presto venne imitata a Parigi dall’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III. Nell’ambito della moda il viola è rimasto sempre in auge, è stato indossato anche Lady D, Cher vi si è tinta i capelli e Prince cantava Purple Rain in abito viola.
Il Purple Heart (Cuore Viola) è una delle più importanti medaglia al valore statunitense. Viene assegnata in nome del Presidente a coloro che sono stati feriti o uccisi mentre servivano nelle forze armate. Si tratta della più vecchia onorificenza ancora in uso nelle forze armate USA.
Il viola è anche uno dei colori chiave nella medicina tradizionale indiana. Indica i centri di energia spirituale ed è considerato il colore della meditazione e dello spirito d’intuizione.
In ambito calcistico il viola è notoriamente il colore della Fiorentina, che iniziò ad adottare la divisa di questo colore dal 1929 (prima giocava in rosso e bianco). Secondo alcune fonti il viola fu scelto perché legato alla storia di Firenze: i romani diedero alla città il nome di Florentia in quanto le colline e i prati che la circondavano erano costellati da fiori di giaggiolo. Il simbolo di Firenze, il giglio, trarrebbe origine proprio dal giaggiolo, fiore dal colore viola detto anche iris fiorentina.
Nel 1982 Alice Walker scrisse il romanzo di Il colore viola, che vinse il Pulitzer e il National Book Award. Dal romanzo Steven Spielberg trasse il suo pluripremiato film nel 1985. Il viola del titolo ha un significato molto importante: nel corso della narrazione è prima il colore della violenza che porta la protagonista a odiare tutto, specialmente gli uomini che continuamente la picchiano, la violentano e la ingannano. In seguito il colore viola è descritto come il colore di un campo di fiori: “Penso Dio s’arrabbi quando in un campo passiamo vicino a qualcosa di viola e non ce ne accorgiamo” dice uno dei personaggi. Simboleggia l’accettazione e la comprensione che la vita deve essere vissuta con tutto ciò che ha da offrire.
Non da ultimo, il viola in meteorologia viene utilizzato per indicare i fenomeni atmosferici più violenti. Il National Weather Service, negli Stati Uniti, con l’arrivo dell’uragano Harvey ha dovuto ricorrere a due nuove sfumature di viola per indicare la potenza delle piogge.
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