Il font o la font? L’amletico dubbio imperversa da anni nei pensieri e nelle discussioni tra i grafici italiani, perennemente indecisi nel declinare il vocabolo di importazione inglese – come sempre più ne capita di trovare in questa epoca dominata da Internet e dai social (altra parola entrata in un istante nel lessico comune) – al maschile o al femminile.
A dirimere la questione una volta per tutte interviene nientemeno che l’Accademia della Crusca, l’antica istituzione che fin dal lontano 1583 stabilisce quali siano le regole da adottare nel campo della linguistica italiana. Dopo l’ormai celebre caso del neologismo “petaloso” proposto da uno studente ferrarese di dieci anni che ha fatto molto discutere in Rete, adesso gli accademici fiorentini sono chiamati a individuare l’esatta declinazione di font: maschile o femminile?
Anzitutto, è buona norma spiegare per bene quale sia il significato di font. Citando il dizionario online del Corriere.it, trattasi di una “serie completa di caratteri dello stesso tipo, distinti per stile e corpo”. Per il Treccani una “serie e insieme di caratteri”. Il termine font, specifica la Crusca, deriva dal sostantivo inglese font, ovvero “fonditura”, a sua volta derivato dal francese medievale fonte, ovvero “fusione”. La lingua italiana presenta pertanto una distinzione linguistica tra font e fonte, laddove il primo termine va a rappresentare un insieme di caratteri della medesima famiglia e il secondo un unico carattere preso singolarmente. Va peraltro specificato che la parola fonte, in un’accezione riferita prettamente al mondo della tipografia, esiste da molti più anni (dal 1956, per la precisione) nella lingua italiana rispetto a font, il cui ingresso nei vocabolari tricolori è decisamente recente (l’inizio degli anni Novanta).
Ciò premesso, l’intervento dell’Accademia della Crusca segue una logica, o meglio una prassi, che accomuna le sempre più numerose parole d’importazione dalle altre lingue – a cominciare ovviamente dall’inglese. “Di norma – spiegano gli accademici – i prestiti non adattati da lingue che non presentano la categoria di genere per i nomi di cosa, come l’inglese, assumono il genere maschile, a meno che non esista un traducente italiano identificabile in modo univoco”.
Il “modo univoco” qui non c’è, anzi: più ci si addentra nella questione, più le cose si complicano. Se ci si riferisce a un “insieme di caratteri” si dovrebbe declinare al maschile, ma se si parla di “serie di caratteri” il vocabolo assume una declinazione femminile. E non è tutto: come si diceva, la lingua italiana ha fatto suoi un termine inglese (font) e uno francese (fonte). In tal senso, l’uso di font viene comunemente impiegato nel lessico informato, mentre fonte si riferisce in particolare al lessico tipografico, anche se pure su questo punto ci sono discordanze e visioni differenti tra i dizionari italiani.
A fronte di una materia così intricata, l’Accademia della Crusca parte da un approccio storico: raccogliendo le varie interpretazioni pubblicate nel corso dei decenni, si evince come l’adozione del sostantivo maschile il font / i font sia nettamente più utilizzato (25 occorrenze) di quello femminile la font / le font (8 occorrenze). L’affermazione del genere maschile è un processo progressivo e a quanto pare inarrestabile. “Ciò che determina l’affermazione di una forma rispetto a un’altra – si legge nel rapporto della Crusca – è l’uso effettivo che ne fanno i parlanti: da questi dati si registra una netta prevalenza del genere maschile, dovuta certamente all’influenza dell’informatica; la forma femminile ‘la font’ sembra pertanto destinata a scomparire”.
In ogni caso, la Crusca suggerisce di utilizzare “il font” per il lessico informatico e di ripristinare “la fonte” per la terminologia tipografica. Una differenza che rende giustizia non solo alla distinzione dei due ambiti, ma anche alle diverse radici linguistiche, rispettivamente inglese e francese.
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