L’importanza dei colori nella nostra vita quotidiana è assolutamente innegabile: un colore può tranquillizzare, aumentare l’appetito, rattristare, rendere allegri, indurre a un’azione, stimolare un sentimento e chi più ne ha più ne metta. Gli esperti di comunicazione d’impresa conoscono benissimo l’importanza e la potenza legata alla comunicazione emotiva di ogni colore e, in virtù di approfonditi studi di settore, sono perfettamente in grado di mettere a frutto tali potenzialità. È questo il motivo per cui, prima di scegliere la gamma di colori per la creazione di un logo, di un’identità aziendale, di un packaging o di una comunicazione aziendale, le agenzie e gli esperti effettuano approfonditi studi e valutazioni in relazione al messaggio da comunicare, al mercato di riferimento e al target a cui l’azienda intende rivolgersi.
Queste peculiarità legate ai colori sono state comprese anche dal legislatore che, in virtù di ciò, non ha escluso completamente la possibilità di registrare un colore come marchio. Secondo la giurisprudenza, in particolare nell’art. 15 dell’accordo TRIPS (riguardo i diritti della proprietà intellettuale nel commercio,) sottoscritto dall’Unione Europea e ratificato dall’Italia con legge 29 dicembre 1994, n. 747, nel quale articolo si legge: “Qualsiasi segno, o combinazione di segni, che consenta di contraddistinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese, può costituire un marchio d’impresa. Tali segni, in particolare parole, compresi i nomi di persone, lettere, cifre, elementi figurativi e combinazioni cromatiche, nonché qualsiasi combinazione di tali segni, sono idonei ad essere registrati come marchi d’impresa. Qualora i segni non siano intrinsecamente atti a distinguere i corrispondenti beni o servizi, i Membri possono condizionare la registrabilità al carattere distintivo conseguito con l’uso. Essi inoltre possono prescrivere, come condizione per la registrazione, che i segni siano visivamente percettibili”.
Quindi, nonostante non sia esplicitamente menzionato dalla legge, è possibile concludere che anche un colore può essere considerato un marchio, purché sia in possesso dei requisiti richiesti (dall’art. 3 della direttiva 2008/95/CE e dall’art. 7 del Codice della Proprietà Industriale, D.Lgs. n. 30/2005) ossia, novità, capacità distintiva, rappresentabilità grafica, liceità. Questa possibilità normativa ha spinto alcune aziende a registrare degli appositi colori come propri marchi, impedendone di fatto l’utilizzo ad altre industrie. Questo processo non è mai privo di critiche, spesso decisamente feroci: è il caso della Deutsche Telekom, che nel 2007 è riuscita a registrare il Magenta usato nella T del proprio logo, il colore che in RGB ha il codice #FF00FF. Oppure è il caso del blue/silver registrato da Red Bull, il colore formato da blu e grigio che compone il loro logo e il cui codice è #A6ABB5. Entrambe le operazioni di registrazione hanno sollevato moltissime proteste, eppure non si tratta delle uniche aziende che hanno scelto di registrare un marchio di colore.
Tiffany & Co.
Nel 1998 Tiffany & Co., notissima azienda di gioielleria, ha registrato il Tiffany Blue, una tonalità di colore personalizzata realizzata espressamente per loro da Pantone, con spazio dei colori PMS 1837, numero che trae origine dall’anno di fondazione di Tiffany, il 1837 appunto. Originariamente il Tiffany Blue fu il colore scelto dal fondatore Charles Lewis Tiffany per la copertina di Blue Book, il catalogo annuale dell’azienda, contenente la collezione di gioielli artigianali e pubblicata per la prima volta nel 1845. Questa tonalità di colore viene chiamata anche robin’s-egg blue, blu uovo di pettirosso o forget-me-not blue, blu nontiscordardimé, e fu scelta probabilmente a causa della popolarità della gemma turchese nei gioielli del XIX secolo. Il turchese era anche il colore preferito delle spose vittoriane che erano solite regalare ai loro inservienti una spilla a forma di tortora di turchese come ricordo del giorno del matrimonio. Successivamente, il Tiffany Blue è stato adottato in pubblicità e in altri materiali promozionali ed è diventato, assieme all’azienda un’icona del lusso e dell’esclusività.
Barbie
La Barbie è probabilmente la bambola più famosa e conosciuta del mondo. È stata ideata da Ruth Mosko, moglie del co-fondatore di Mattel, Elliot Handler; nel tempo Barbie è diventata un’icona fashion del XX secolo e ha fatto giocare moltissime generazioni di bambine in ogni parte del mondo. Ruth ebbe l’idea notando che sua figlia Barbara preferisse giocare con immagini di attrici ritagliate da riviste, piuttosto che con le classiche bambole. Così, dopo molte prove, viaggi e analisi, Barbie (chiamata così in onore della figlia di Ruth ed Elliot), nacque ufficialmente il 9 marzo 1959. Il notissimo logo di Barbie, uno tra i più famosi e riconoscibili del mondo, è stato registrato nel 1959 e da allora si è evoluto negli anni. La scelta del colore rosa su sfondo bianco non è ovviamente casuale, il rosa è infatti il colore associato alla femminilità, alla giovinezza, alla dolcezza e alla felicità. Il rosa di Barbie è il Pantone 219, si tratta della tonalità che ne contraddistingue da sempre l’abbigliamento e il packaging. Proprio per celebrare il Pantone 219, nel 2011 Mattel ha messo in commercio la bambola da collezione Pink in Pantone, che indossa un abito decorato con le schede Pantone.
UPS
United Parcel Service, meglio conosciuta come UPS, è una delle più note società di trasporto pacchi e spedizioni internazionali. Venne fondata nel 1907 da James E. Casey, sei anni prima del servizio postale degli Stati Uniti, inizialmente come servizio di messaggistica. Inizialmente i messaggi venivano consegnati a piedi, quindi si passò a utilizzare le moto e in seguito venne acquistata una serie di Model-T Ford. I veicoli impiegati nelle consegne venivano dipinti con colori diversi in modo che il pubblico si rendesse conto di trovarsi di fronte ad una flotta e non a una sola auto. Nel 1916, Charlie Soderstrom divenne socio e l’azienda s’ingrandì ancora di più. Soderstrom scelse il notissimo colore marrone per le divise degli impiegati e veicoli di consegna: la tonalità di marrone scelta era chiamata Pullman Brown perché era “il colore usato sulle carrozze ferroviarie perché si tratta di un colore che riflette classe, eleganza e professionalità – e non di meno lo sporco è meno visibile su uniformi e veicoli marroni”. Nel 1929 UPS adottò quindi il colore marrone che viene utilizzato ancora oggi. Per comprendere l’importanza che questo colore ha per l’azienda, basta vedere come, negli anni 2000, la compagnia lo utilizzò anche come slogan: “What can Brown do for you?”, letteralmente “Cosa può fare Marrone per te?”. Tuttavia è interessante notare come, sebbene il pubblico abbia da tempo riconosciuto la tonalità di marrone come il colore della società, UPS ha aspettato fino al 1998 per registrarlo ufficialmente come marchio.
Caterpillar
La Caterpillar, nota anche come CAT, è una delle più note aziende produttrici di veicoli e macchinari per costruzione ed estrazione. La sua storia inizia nel 1886, quando il fondatore Benjamin Holt costruì la sua prima mietitrebbia a Stockton, in California. Da allora l’azienda ha iniziato a produrre macchinari sempre più sofisticati, dipinti di grigio con finiture rosse. Nel 1931 Caterpillar sceglie di cambiare il colore standard delle proprie macchine, passando così al colore Hi-Way Yellow e di aggiungervi finiture nere. Questo colore venne utilizzato fino al 1979, quando iniziò ad utilizzare il nuovo Caterpillar Yellow, tonalità che venne poi registrata assieme al logo e al nome.
Ferrari
Il classico rosso che accompagna il noto marchio italiano ha origine da un provvedimento preso tra le due guerre mondiali dall’associazione automobilistica internazionale (la futura FIA), che richiedeva colorazioni differenti per ogni nazionalità in gara. Il rosso era il colore che rappresentava l’Italia, il blu per la Francia, l’argento per la Germania, il bianco e il blu per gli Stati Uniti e il verde indicava la Gran Bretagna. Col passare del tempo la tonalità di rosso utilizzata dal Cavallino è gradualmente passata dal rosso scuro (conosciuto come rosso Alfa) a una tinta decisamente più accesa, nota come rosso corsa. Con l’avvento degli sponsor nel mondo delle gare automobilistiche, la distinzione dei colori per i vari Stati è stata via via abbandonata e ciò ha reso sempre più difficile riconoscere chiaramente l’identità nazionale delle scuderie. Tuttavia, nonostante la divisione di colori per Nazione non sia mai andata particolarmente a genio a Enzo Ferrari (nel 1964 per protesta utilizzò delle auto bianche con una striscia blu), la scuderia di Maranello è l’unica rimasta fedele a quella tradizione e, al giorno d’oggi, ha fatto del suo rosso un colore leggendario.
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