Originario di Cuneo, Marco Somà è illustratore di libri per bambini e ragazzi e docente d’illustrazione e tecniche pittoriche presso l’Accademia delle Belle Arti di Cuneo. Dopo aver realizzato diversi libri illustrati, con case editrici italiane ed internazionali, quali Einaudi e Rue Du Monde, ha in cantiere due nuovi libri, che vedremo tra gli scaffali nel 2016. Il primo sarà edito da Kite Edizioni ed è una storia bellissima scritta da Davide Calì ed affronta il delicato tema dell’adozione. Il secondo libro sarà una sorpresa a Natale 2016.
Come mai ha deciso di dedicarsi ai libri per bambini e ragazzi?
Credo che mi abbia sempre entusiasmato di più l’idea di poter raccontare qualcosa attraverso le mie immagini, piuttosto che l’idea di “Esprimermi” attraverso la pittura.
L’albo illustrato è la dimensione perfetta per me, mi permette di dialogare con un testo e di raccontare la storia dal mio punto di vista, secondo il mio immaginario. Inoltre mi permette di riscoprire il mio io bambino e questo lo trovo bellissimo.
Da dove nascono i personaggi dei suoi disegni?
Quando i personaggi sono legati ad una storia, già questa condiziona, in qualche modo, il loro aspetto. Poi il cinema, l’arte, la natura, le persone che incontro per la strada, quello che leggo, quello che ascolto influenzano sicuramente il lavoro.
Dopo una prima fase “d’ispirazione” segue poi una parte di ricerca, di studio e di progettazione, dove mi chiarisco meglio le idee e il personaggio acquisisce il suo aspetto definitivo.
Quali strumenti utilizza per creare i suoi disegni?
Sul mio tavolo da disegno ci sono tanti strumenti (pastelli, matite colorate, pennarelli, inchiostri, acrilici) che utilizzo spesso nelle fasi di abbozzo e di ricerca.
Per i definitivi, tuttavia, prediligo quasi sempre la matita, mi piace il segno caldo della grafite che definisce ogni cosa.
Per il colore, utilizzo la tecnica del collage, sovrapponendo carte colorate, fondini, carte riciclate e texture varie. Per questa fase ho bisogno del mio computer e della tavoletta grafica.
Il suo lavoro è decisamente vario: libri, mostre, workshop, laboratori, docenze e collaborazioni importanti. C’è qualche ambito che la entusiasma maggiormente o per cui ha dei progetti in futuro?
E’ vero, ultimamente sono impegnato su tante cose che mi entusiasmano molto.
Stare al tavolo da disegno è senza dubbio l’aspetto che prediligo, ma trovo che sia davvero importante, dopo la pubblicazione, accompagnare il libro nel suo viaggio, attraverso incontri, mostre o attività laboratoriali, soprattutto in un paese come il nostro, dove purtroppo si legge ancora troppo poco.
Inoltre io non potrei proprio fare a meno delle lezioni in Accademia, dei workshop o dei laboratori con i bambini, perché si dimostrano sempre una fonte incredibile d’ispirazione e un’occasione preziosa di crescita e confronto.
Parlando degli inizi della sua carriera, ha sempre avuto una passione per il disegno oppure ha preso questa decisione in seguito ad un’esperienza o ad un evento particolare?
Fin da bambino disegnavo molto e mi divertivo a inventare situazioni e storie con i miei disegni. In quei momenti mi sentivo il bambino più felice del mondo, ma non avrei mai immaginato che questo, un giorno, potesse diventare il mio lavoro.
Il primo anno di Accademia, il mio insegnante di illustrazione ci ha portati a visitare la Bologna Children’s Book Fair e di fronte alla Mostra Illustratori ho avuto una folgorazione.
E’ stato quel giorno che ho capito veramente quanto le immagini nei libri e negli albi di qualità possano racchiudere un potenziale e una ricchezza incredibile sotto tanti punti di vista, per il bambino, ma anche per l’adulto (non si è mai troppo grandi per fare delle scoperte).
Da quel momento ho deciso che avrei voluto sapere tutto di quel mondo, diventare un illustratore, tornare il bambino più felice del mondo o, alla peggio, un collezionista compulsivo di albi illustrati.
C’ è un’opera, una figura o un lavoro a cui è particolarmente legato? Perché?
Tutti i lavori sono stati o sono in qualche modo un’esperienza di crescita importante. Ogni volta che incomincio un progetto mi sento come se fossi completamente incapace di tracciare un segno su di un foglio, poi pian piano acquisto fiducia in quello che faccio e le cose iniziano a prendere una forma ed un senso. Penso che questa cosa sia terapeutica.
A parte ciò, credo che le illustrazioni realizzate per la Mostra Illustratori 2011, sul testo “Da buttare” scritto da Aidan Chambers, siano state particolarmente significative per me. Sia perché mi hanno permesso di approfondire una tecnica espressiva a me più congeniale, e sia perché grazie a questo lavoro ho ricevuto la mia prima commissione con Einaudi Ragazzi e ho incominciato il mio percorso professionale.
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