In principio era Internet e l’informazione in tempo reale. Poi sono arrivati i social e i contenuti “virali”, e infine gli smartphone e i tablet con i contenuti a portata di mano dovunque ci troviamo – e la connessione “perenne”. Il modo di comunicare è radicalmente cambiato nel corso degli ultimi anni, e a testimoniarlo sono in primis le evoluzioni tecnologiche avvenute letteralmente sotto i nostri occhi nel giro di un arco temporale brevissimo.
Una vera e propria rivoluzione che accorcia le distanze e al tempo stesso cambia le carte in tavola: con una campagna di marketing a regola d’arte è infatti possibile raggiungere milioni di utenti sul Web, la televisione, le radio, eccetera. Se tutti ne parlano, significa che hai fatto centro.
È quello che viene definito il marketing non convenzionale: ovvero trovare il modo per essere sulla bocca (o sugli schermi) di tutti, possibilmente percorrendo strade inusuali.
Un esempio vicino nel tempo e nello spazio ci introduce alla perfezione a questo argomento. Il primo riguarda un sottomarino che nell’ottobre del 2013 era comparso in via Mercanti, nel pieno centro di Milano. Una messinscena a regola d’arte, con tanto di vigili del fuoco e ambulanze a circondare l’area delle strada dalla quale era emerso il sommergibile. Un incredibile incidente? Macché: una geniale campagna di ambient marketing messa a punto dalla Europe Assistance Italia per ricordare agli assicurati che “tutto può succedere” mentre si va per strada. Nel giro di pochi minuti, la notizia aveva fatto il giro della Rete e di tutti i tg nazionali.
Questo esempio ci introduce alla prima, sostanziale novità della pubblicità non convenzionale: ovvero nella partecipazione attiva dell’utente attraverso il network al quale è connesso. Motivo per cui il marketing non convenzionale trova radice e diffusione con Internet e le sue regole: il passaparola, l’annullamento di distanze e confini, l’abbattimento dei costi. Basilari sono dunque elementi come l’effetto-sorpresa, un messaggio particolarmente forte, il mezzo attraverso il quale viene lanciato (un set nel bel mezzo della città, un videoclip, eccetera).
Non è comunque sempre necessario inscenare l’affioramento di un sottomarino in mezzo a un contesto metropolitano per ottenere una campagna di grande impatto. Qualche volta è sufficiente un adesivo per cogliere nel segno.
Guarda ad esempio come a Copenhagen promuovono lo zoo cittadino sugli autobus:
E che dire, sempre per restare nel binomio tra autobus e animali, del pullman sponsorizzato da National Geographic Channel nel quale si accede tra le fauci di uno squalo?
Anche su dimensioni ancora più grandi, gli adesivi garantiscono un effetto di sicuro impatto. Il pavimento di questa stazione è diventato una gigantesca pubblicità della FrontLine, azienda che produce antipulci per cani:
Il marketing non convenzionale viene solitamente suddiviso nelle seguenti categorie:
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guerrilla marketing
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marketing virale
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ambient / street marketing
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product placement
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buzz marketing
Vediamo quali sono le caratteristiche di ognuna di esse.
Guerrilla marketing
La definizione coniata dal pubblicitario statunitense Jay Conrad Levinson nell’ormai lontano 1984 si riferisce a una forma di pubblicità che, a fronte di un budget contenuto, fa leva sulla creatività, sull’energia e sui meccanismi psicologici che si vanno a instaurare sugli utenti finali, di solito un target specifico di pubblico numericamente ridotto.
Pensato come tecnica di comunicazione per aziende che non dispongono di importanti risorse per promuoversi, il guerrilla marketing nel corso del tempo è stato però adottato anche da importanti multinazionali. Ingrediente fondamentale per la riuscita della campagna è la sua stessa propagazione virale, ovvero un passaparola che va a rafforzare e ampliare la conoscenza del marchio a un numero potenzialmente elevato di persone / utenti.
Tra i più celebri casi di guerrilla marketing dalla eco mondiale c’è la promozione del film The Blair Witch Project, datato 1999. La pellicola era stata anticipata da una leggenda propagata dai media riguardo una troupe di cineasti scomparsi in una foresta del Maryland nel 1994 di cui sarebbero state rinvenute le riprese alcuni anni dopo.
Marketing virale
La prima operazione “virale” su larga scala viene addebitata al servizio di posta online Hotmail: il messaggio automatico “Get your free e-mail account at http://hotmail.com” che da sempre compare alla fine di ogni email inviata con tale provider è destinato a coloro che leggono e, dunque, a potenziali nuovi utenti. In una sola frase, Hotmail sfrutta l’attività e i rapporti dei propri clienti per fare pubblicità al suo servizio, per far sapere che tale servizio è gratuito e – non ultimo – che già altri lo utilizzano con successo. Efficace, non trovi? E infatti Hotmail passò da 0 a 12 milioni di utenti registrati nell’arco di appena un anno e mezzo.
La definizione di “virale” fu coniata a metà degli anni Novanta da Draper Fisher Jurvetson, il primo a utilizzare la metafora del contagio per spiegare il modo in cui avviene la trasmissione del messaggio che si vuole diffondere. Sfruttando le potenzialità del passaparola volontario sul Web, il marketing virale segue un andamento esponenziale. Una volta lanciato il messaggio, dunque, sono gli utenti a condividerlo ai loro contatti, che a loro volta potranno fare altrettanto.
Particolarmente efficace per il viral marketing è l’utilizzo delle immagini e dei video: motivo per cui una piattaforma come Youtube viene sfruttata a dovere dai brand per diffondere messaggi e pubblicità virali.
Ambient & street marketing
L’ambient marketing sfrutta gli spazi pubblici (un negozio, una cabina telefonica, un ascensore, eccetera) per lanciare il messaggio pubblicitario non convenzionale, al pari dello street marketing che fa altrettanto lungo le strade delle città e dei centri commerciali. L’esempio che citavamo all’inizio, quello del sottomarino che “sbuca” nel centro di Milano mentre una serie di figuranti rendono più verosimile il tutto, fa parte di questa particolare strategia.
Solitamente, l’ambient e lo street marketing si avvalgono di persone (attori o comparse) fisicamente presenti sul luogo prescelto per la campagna di marketing, nonché di allestimenti realizzati ad arte in luoghi frequentati dal target di utenti che si vuole andare a “colpire”, peraltro in un posto e in un momento della sua quotidianità nei quali non si aspetta di venire coinvolto dall’azione di promozione pubblicitaria.
Anche in questo caso, la cassa di risonanza garantita dai social e dai media è fondamentale per la riuscita dell’iniziativa: i video girati dai passanti e poi pubblicati in Rete, ad esempio.
L’ambient e lo street marketing sono sempre più spesso utilizzati dai grandi marchi, così come in ambito sociale.
Product placement
Il product placement consiste letteralmente nel posizionamento – previo pagamento – del marchio in un contesto cinematografico o televisivo. Si va così a sfruttare la potenza del medium per promuovere un determinato prodotto o brand.
Le tre categorie di product placement sono:
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visuale, laddove il marchio o il prodotto viene integrato e reso visibile in modo palese allo spettatore
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verbale, allorché sono i personaggi a citare il marchio e a suggerirne la reputazione
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integrato, nel momento in cui il prodotto si integra in modo naturale all’interno della trama, diventandone parte importante o addirittura il protagonista
Buzz marketing
La traduzione dell’inglese ‘buzz’ è ronzio: con buzz marketing si va pertanto a parlare di quell’insieme di operazioni che servono a far lievitare il volume delle conversazioni attorno un determinato prodotto o servizio, al fine di aumentarne la notorietà e la reputazione.
Come le altre strategie di marketing non convenzionale, il buzz marketing ha l’obiettivo di raggiungere una determinata categorie di persone nel modo più capillare e veloce possibile.
Perché ciò avvenga, è necessario attirare l’attenzione delle persone potenzialmente interessate: creando suspense, inventando strategie mirate, facendo sì che a parlarne siano personaggi particolarmente influenti (blogger di spicco, social media manager, opinion leader, eccetera).
Tiriamo le somme
Come si vede, la partita del marketing non convenzionale si gioca sulle potenzialità delle piattaforme virtuali e sulla diretta partecipazione degli utenti. Sono infatti la Rete e i suoi fruitori a decidere il successo di una campagna promozionale: le aziende e i loro staff creativi devono pertanto trovare le chiavi per mettere in moto il meccanismo della condivisione. Una volta avviato, il sistema si autoalimenta per un certo periodo di tempo prima di andare altrettanto rapidamente in calando.
Ciò che è importante è che la visibilità sia accompagnata da un’immagine positiva del marchio: in caso contrario, la sovraesposizione rischia di tramutarsi in un pericoloso boomerang.
Già, perché anche il marketing non convenzionale, per quanto bizzarro e temerario possa essere, necessita di un’attenta pianificazione. Prima di lanciare la tua campagna in grande stile, insomma, valuta e soppesa per bene i pro e i contro.
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