Il successo dei grandi marchi che dominano il mondo dell’economia internazionale non è certo nato dal nulla, al contrario è passato attraverso numero tentativi, insuccessi e sì, anche fallimenti clamorosi. Questi insuccessi dai nomi altisonanti sono stati tutti riuniti in un unica collezione che ora è diventata anche museo. L’idea è venuta al collezionista Samuel West, che proprio il prossimo giugno, in Svezia, inaugurerà il suo Museum of Failure, il Museo dei Fallimenti. “Ho notato come i successi sono sempre posti su di un piedistallo, mentre i fallimenti vengono tenuti nascosti e non si parla di loro.” ha detto West alla CNN “Anche le maggiori società, toste e dotate di grande competenza, incappano in alcuni fallimenti. Il trucco sta nel creare una cultura organizzativa che accetta l’insuccesso in modo da fallire in piccolo… invece che alla grande”.
“Tutti sanno che più del 90% delle innovazioni non riesce al primo colpo”. Si è quindi preso in carico il compito di trovare questi prodotti falliti e “trasformarli in apprendimento”. E così è nato il suo Museo di Fallimento. Al momento espone 51 articoli, ma la quantità è in continuo aumento: “Ricevo nuovi oggetti ogni giorno” ha detto “Mi piace, è come se fosse Natale!”.
Raccogliere alcuni di questi prodotti non è stato semplice perché ormai sono fuori produzione, altri sono stati in commercio solo pochi anni, come ad esempio lo smartphone – console portatile per videogame Nokia N-Gage, in vendita solo dal 2003 al 2005. Nokia lo aveva realizzato con lo scopo di fare concorrenza al Game Boy del colosso Nintendo ma il risultato fu un grande flop.
Altri fallimenti tecnologici presenti nella collezione sono il TwitterPeek, un dispositivo uscito nel 2009, quando Twitter era relativamente nuova, dall’idea di una compagnia chiamata Peek. Il dispositivo costava 200 dollari e aveva l’unica funzione di accedere a Twitter. Tuttavia lo schermo del device era troppo piccolo anche per contenere un singolo tweet e l’avvento degli smartphone lo rese presto ridondante.
Il fallimento di Apple si chiama invece Newton e fu a suo tempo il primo modello di palmare, nato nel 1993. Apple realizzò nel corso degli anni otto modelli diversi della serie Newton, ma nessuno di essi riuscì mai a sfondare. Dopo 5 anni e più di 500 milioni di dollari spesi in ricerca, Apple decise di eliminare il progetto Newton e di sciogliere la divisione che se ne occupava.
La macchina fotografica digitale DC40 della Kodak fu tra le prime del genere quando venne messa in commercio nel 1990, ma la Società allora non comprese la potenzialità della fotografia digitale: “Il fallimento sta nel fatto che Kodak non ha innovato, non ha cambiato il proprio modello di business, erano più inclini a mantenere il profitto proveniente dalla stampa di foto su carta, la loro carta”. Fu il primo passo verso la successiva bancarotta della Kodak.
Un altro pezzo della collezione è il gioco da tavolo Trump: the Game, basato sull’attività immobiliare del tycoon americano. Il gioco venne rilasciato nel 1989 dalla Milton Bradley Company ma vendette solo 800.000 copie sui due milioni previsti, venne poi riproposto nel 2004, a seguito del grande successo del format tv The Apprentice ma anche in quel frangete le vendite furono deludenti.
I fallimenti nel comparto food comprendono la Coke II, o New Coke com’era stata battezzata inizialmente, che sostituì la Classic Coke sugli scaffali all’inizio del 1984, dopo pochi mesi, tuttavia, i clienti richiesero a gran voce il ritorno della Coca Cola originale e la produzione della New Coke fu interrotta definitivamente nel 2002. Un altro fail clamoroso sempre inanellato da Coca Cola è la famigerata Coke BlaK, la bibita al sapore di caffè distribuita nel 2006 e prontamente tolta dal mercato nel 2008 dopo le lamentele per la pessima combinazione di gusto ed eccessiva caffeina.
Un altro clamoroso fallimento arriva dal famoso marchio di pasta dentifricia Colgate, che negli anni ottanta, ha tentato di buttarsi nel mercato del cibo surgelato mettendo in commercio una linea di lasagne. Il risultato fu decisamente disastroso.
Un altro fallimentare tentativo di diversificare la produzione è stato quello di Harley-Davidson, che nel 1996 realizzò una propria linea di profumi e acque di colonia per uomo chiamata Hot Road, aromatizzata con accenti di legno e sentori di tabacco. Oltre a dopobarba e profumo, la Società iniziò a mettere in commercio tutta una serie di prodotti abbastanza insoliti da vedere in un negozio Harley Davidson: calze, profumi, abiti da neonato, perfino un’intera linea di vestiario. I motociclisti però non ne rimasero particolarmente impressionati.
Il fail più recente presente nella collezione West è l’ormai notissima penna Bic per sole donne lanciata nell’aprile del 2011. Una penna appositamente “progettata per stare bene tra le mani di una signora e adatta alle mani sottili di una donna”. I modelli hanno colori pastello e il packaging color rosa cosparso di brillantini, per il resto sono assolutamente uguali alle penne comuni. L’indignazione è stata mondiale.
“Ci sono molte varietà di fallimenti”, spiega West “Alcuni prodotti falliscono fin dall’inizio, anzi non sarebbero mai dovuti esistere, mentre alcuni falliscono nel processo di progettazione”. Altri, come la prima fotocamera digitale Kodak, sono stati piccoli successi ma hanno però segnato l’inizio del declino di una società. “Kodak non è riuscita a tenere il passo con la rivoluzione digitale e è andata in bancarotta nello stesso anno in cui Instagram è stato venduto per un miliardo di dollari” conclude West.
Ci sono anche alcuni strumenti medici decisamente inquietanti, come quello utilizzato per eseguire le lobotomie. Secondo West venne utilizzato ampiamente negli anni ’30 o ’40: “Questi strumenti in sé non sono un fallimento, anzi all’epoca ebbero un enorme utilizzo”, ha spiegato West “Ma come tutti ora sanno, la procedura stessa era un enorme fallimento catastrofico”.
West spera che i visitatori trovino la mostra divertente: “Alcuni dei prodotti che sono presenti in mostra sono assolutamente ridicoli”. Ma dietro alle risate c’è anche un messaggio molto importante: “Il fallimento è necessario per l’innovazione. Dobbiamo accettare il fallimento come parte importante dello sviluppo di qualcosa di nuovo e d’innovativo. Le aziende capaci di affrontare il fallimento sono le migliori, perché imparano dai propri sbagli. E così fanno errori più piccoli quando, se non li riconoscessero, ne farebbero di maggiori”.
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